Studi Strategici ed Intelligence… for dummies

Le tecniche strutturate – settima parte

Published by Silendo on Ottobre 16, 2010

E’ giunto il momento di affrontare la c.d. “Analysis of Competing Hypotheses” (ACH), una tecnica ideata da uno degli autori del manuale che stiamo esaminando, Richards Heuer, e già esposta  in “Psychology of Intelligence Analysis“.
Questa metodologia permette, in relazione ad una data questione, di esaminare contemporaneamente tutte le ipotesi esistenti valutandole contemporaneamente alla luce di tutti gli “indizi” raccolti.
Quando ha sviluppato questa tecnica l’obiettivo di Heuer era quello di individuare una procedura in grado di limitare alcuni “biases” cognitivi (si veda ancora una volta “Psychology of Intelligence Analysis“).
La mente umana infatti, posta di fronte ad un problema analitico e formulata un’ipotesi, tende a rafforzare tale ipotesi attribuendo maggior peso alle informazioni ad essa favorevoli e sminuendo, viceversa, quelle contrarie. Le caratteristiche del contesto nel quale opera l’analista d’intelligence incentivano la tendenza ad un’analisi non oggettiva dei dati. Un contesto nel quale le informazioni sono scarse, incomplete, ambigue e di non chiara intepretazione.
In tale ambito è più facile che operi il suddetto bias cognitivo e che l’analista, anche senza rendersene conto, tenda a selezionare le informazioni in linea con l’ipotesi formulata eliminando o sottostimando quelle contrastanti. L’ACH dovrebbe limitare tale bias garantendo una migliore analisi.
Provo ad addentrarmi quindi nei meandri dell’Analysis of Competing Hypothesis.
Lo farò, come sempre, in modo sintetico. Per un maggiore approfondimento rimando  o al manuale o al testo di Heuer (qui in particolare).

La procedura prevede la costruzione di una matrice con le ipotesi elencate in ascissa e le “prove” in ordinata.
Un  chiarimento. Quando Heuer parla di “evidence“, di prove, intende fare riferimento a qualunque elemento rilevante ai fini della valutazione delle ipotesi stesse (“including evidence, arguments, assumptions, and the absence of things one would expect to see if a hypothesis were true“) compreso, eventualmente, la mancanza stessa di informazioni (“A classic example of absence of evidence is the Sherlock Holmes story of the dog barking in the night. The failure of the dog to bark was persuasive evidence that the guilty party was not an outsider but an insider who was known to the dog“).
Il singolo analista o il team  dovrà quindi individuare le ipotesi (Heuer e Pherson richiedono che le ipotesi siano “mutually exclusive“: se una è vera tutte le altre devono essere false), identificare le “prove” e infine trascrivere il tutto nella matrice (qui sotto un esempio).

Scrive Heuer:

First, list the general evidence that applies to all the hypotheses. Then consider each hypothesis individually, listing factors that tend to support or contradict each one. You will commonly find that each hypothesis leads you to ask different questions and, therefore, to seek out somewhat different evidence.
For each hypothesis, ask yourself this question: If this hypothesis is true, what should I expect to be seeing or not seeing? What are all the things that must have happened, or may still be happening, and that one should expect to see evidence of? If you are not seeing this evidence, why not? Is it because it has not happened, it is not normally observable, it is being concealed from you, or because you or the intelligence collectors have not looked for it?

Una volta costruita la matrice l’analista dovrà procedere in modo controintuitivo analizzando una “prova” alla volta testandone la rilevanza con ogni singola ipotesi in matrice. Dovrà poi passare alla prova successiva la quale sarà a sua volta valutata su ogni singola ipotesi e così via.
Se la prova è consistente con quell’ipotesi l’analista dovrà scrivere “C” nell’apposita casella. Se è inconsistente dovrà scrivere “I”. Se è irrilevante non verrà scritto nulla (qui sotto un altro esempio).

Una volta terminata questa fase, alla luce delle riflessioni e delle analisi effettuate, potrà essere necessario procedere ad una revisione della matrice stessa, aggiungendo nuove ipotesi, modificando quelle già inserite, aggiungendo o eliminando “prove”.
Nell’ultima fase dell’ACH l’analista – che nel frattempo non s’è licenziato per esaurimento nervoso – potrà raccogliere i frutti dei suoi sforzi identificando l’ipotesi più probabile. Dovrà farlo però applicando i principi del metodo scientifico di popperiana memoria (eh…sennò era troppo facile…).
In parole povere, l’ipotesi più probabile non sarà quella con maggiori “prove” a supporto (“C” nella matrice) ma quella con minori “inconsistenze” a carico (“I” nella matrice).

Ma non è finito qui perchè la matrice  permette anche altri utili spunti di riflessione.
Permette ad esempio di valutare l’effettiva diagnosticità degli elementi informativi identificando quelli realmente importanti e scartando quelli non rilevanti. Cosa di per sé assolutamente non facile.
Prendiamo, ad esempio, l’E1 della prima tabella. Questa prova risulta consistente (in quella tabella il segno + equivale a “C”) con tutte le ipotesi formulate. Di fatto non è diagnostica proprio perchè supporta qualunque conclusione.
La matrice costituisce inoltre una traccia del processo analitico ed è un documento sul quale poter lavorare anche successivamente per individuare errori o vulnerabilità.

L’ACH può essere effettuata anche con il supporto di un software gratuito ed anche a distanza grazie ad una versione “web-based”.

– continua –

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