Dal Libro Treccani dell’Anno 2005, l’intervento del Direttore del SISDE Mario Mori su Intelligence e Sicurezza Nazionale.
Una definizione
La funzione decisionale, quale che ne sia il livello o l’ambito, ha la necessità di disporre di dati informativi idonei per operare le scelte volte a risolvere i problemi di sua competenza.
La gestione delle informazioni, quindi, che in una società globalizzata e complessa, qual è quella attuale, è sempre più elaborata e richiede competenze sempre più diversificate, costituisce una delle fasi più delicate e sensibili del processo che deve portare a definire ogni scelta strategica. Non a caso essa è oggetto di numerosi ed accesi dibattiti nei fori nazionali e internazionali. Si moltiplicano, inoltre, organizzazioni specializzate in attività di consulenza, analisi e supporto informativo. Ciò è dovuto al fatto che il bisogno di conoscere va assumendo nel tempo un’inedita centralità, fuoriuscendo dai canonici spazi politico-militari a cui sembrava indissolubilmente legato. L’informazione diventa un bene primario ed il suo mercato misura la competitività di attori statuali, sovranazionali e globali. Su queste basi è possibile affermare che l’intelligence è l’insieme delle attività informative volte ad acquisire le conoscenze necessarie a sostenere ogni processo decisionale di natura complessa.
Gli ambiti dell’intelligence
Le prime applicazioni di quella funzione che poi si definirà intelligence si rintracciano storicamente nel campo militare. Già nella guerra tra il regno del faraone Ramsete II e quello ittita, nelle fasi precedenti la battaglia di Qadesh (1296 a.C.), si rilevano tracce di attività di esplorazione che rappresentano in nuce le prime forme conosciute di ricerca informativa.
Per molto tempo l’ambito connesso all’efficienza bellica ha costituito il settore d’applicazione dello spionaggio. Quando, a partire dalla rivoluzione industriale, i parametri per valutare le potenzialità di un paese si sono ampliati e differenziati, anche gli organismi che svolgevano funzioni di ricerca si sono andati specializzando, acquisendo conoscenze in un complesso di aspetti nuovi, relativi ai settori economico, tecnologico, industriale, politico e terroristico-criminale che si sono aggiunti al contesto specificatamente militare.
L’intelligence, nella fase attuale, è dunque praticata anche da soggetti e organizzazioni private, ma quella degli Stati resta la più significativa. Si riferisce, infatti, direttamente alla sicurezza nazionale che, globalmente intesa, riguarda trasversalmente ogni settore della vita pubblica. Essa, infatti, tende ad assicurare il regolare ed efficace funzionamento del ‘sistema Stato’, sia all’interno, rispetto ai consociati, sia all’esterno, nei confronti di partner e competitori.
In questo ambito una definizione più mirata di intelligence può essere: raccolta e analisi di informazioni comunque acquisite, necessarie al processo decisionale del potere esecutivo in tema di sicurezza nazionale.
Al potere politico, infatti, è devoluta la competenza in materia di sicurezza nazionale e spetta la facoltà decisionale per assicurare il perseguimento degli obiettivi strategici e salvaguardare il paese dalle minacce che ne attentino le fondamenta e la competitività. Il suo bisogno informativo è ampio e in parte è soddisfatto nell’ambito di ciascun settore amministrativo dipendente. L’esecutivo, però, ha la prioritaria esigenza di disporre di un completo quadro informativo circa le criticità che incidono sulla sicurezza intesa in senso lato, raggiungibile solo attraverso strutture espressamente dedicate.
In quest’ottica, l’intelligence si pone come una distinta ed autonoma attività operativa.
La necessità di un’azione a carattere preventivo in ambiti di minacce inedite, emergenti o embrionali e quella di avvalersi di strumenti e metodologie informali hanno indotto le strutture di intelligence ad assumere canoni di segretezza e clandestinità oggetto sovente di valutazioni negative.
L’attività segreta dei servizi, peraltro, attiene alla sensibilità delle informazioni trattate, ai meccanismi di ricerca di conoscenze ‘non altrimenti acquisibili’ e alla necessaria tutela del rapporto con le fonti delle notizie.
Si perfezionano in tal modo circuiti che sono orientati a perseguire una prevenzione strategica tesa spesso a conseguire il ‘non evento’ (impedire che accadano fatti dannosi per il paese), vincolata solo agli oneri di dipendenza/comunicazione verso l’autorità politica, che ne traccia gli orizzonti generali.
Il meccanismo costituisce il valore aggiunto dell’intelligence di sicurezza, in termini di competenze, più elastiche e aderenti all’emergenza della minaccia, e di modello operativo, flessibile, autonomo e aperto a ogni utile tecnica di ricerca.
Processo di intelligence
L’azione d’intelligence è organizzata in modo razionale e sistematico, perché possa produrre qualificati livelli di efficacia.
Infatti, la notizia, materia informativa grezza, deve essere elaborata all’interno di un processo che la valorizzi quale informazione affidabile ed utilizzabile.
Tale processo consta normalmente delle seguenti fasi:
a) acquisizione delle notizie, attraverso la ricerca anche non convenzionale, la raccolta e la valutazione dei dati. Nell’ultimo caso sono previsti criteri standardizzati che facilitano la condivisione del giudizio di affidabilità sia della fonte sia dell’informazione. Invece, la ricerca, nonostante l’esperienza abbia elaborato tecniche efficaci, è in continua evoluzione e dispone di ogni strumento che risulti utile a soddisfare il bisogno informativo. Essa si avvale di fonti umane (HUMINT, human intelligence), elettromagnetiche (SIGINT, signal intelligence; ELINT, electronic intelligence; IMINT, imagery intelligence), e aperte (OSINT, open sources intelligence), costituite da documenti, studi, stampa e Internet;
b) gestione delle informazioni, attraverso il loro confronto, l’integrazione, l’interpretazione e l’analisi dei dati, perché dall’insieme delle tessere disponibili possa essere composto un più ampio mosaico, al fine di apprezzare l’intero spettro della minaccia;
c) comunicazioni all’ambito decisionale, sotto forma di informative e di analisi elaborate su singoli aspetti di un rischio o sulla globalità delle minacce, così da prevedere indirizzi e possibili fenomeni inediti, sostenere la politica di sicurezza e prevenire o intercettare le crisi con mirati provvedimenti tecnici e normativi.
Il personale
I molteplici settori d’azione di un servizio d’intelligence impongono forme differenziate di reclutamento e un inquadramento successivo del personale in ambiti articolati secondo quelli che sono gli indirizzi operativi che l’organismo sceglie di privilegiare. La prima e più generale suddivisione prevede tre comparti: amministrativo, operativo e tecnico.
Una piattaforma addestrativa mirata differenzierà competenze e impieghi successivi.
Gli agenti provengono dal mondo privato, accademico, militare, investigativo o amministrativo e possono essere contrattualmente legati da un rapporto definitivo o temporaneo. Quest’ultima soluzione consente di aggiornare le risorse umane disponibili, adeguandole a eventuali esigenze specialistiche congiunturali, affiancando le nuove competenze all’esperienza radicata degli ‘interni’.
In Italia, a coloro che provengano dalle forze di polizia, è sospesa la qualifica di operatore di polizia giudiziaria, per evitare dipendenze estranee all’autorità politica. Ciò conferma la natura dell’intelligence, profondamente diversa da quella investigativa, per funzioni, vincoli e tecniche operative.
Diversità di modelli (continua qui)